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I buchi neri

 

Una volta che l’idrogeno cessa di bruciare nelle stelle verrà meno la conseguente produzione di elio, che si convertirà in ossigeno e carbonio, e via via in elementi sempre più pesanti che libereranno sempre meno energia. una volta esauriti gli elementi più leggeri non sarà più possibile generare energia nelle zone intorno alla stella. A questo punto gli strati esterni, venendo a mancare la spinta che li sosteneva dall’interno, cadranno verso il centro sotto richiamo della forza di gravità. Nel corso di questo rapidissimo collasso gli atomi saranno premuti insieme sempre di più e gli elettroni si dissoceranno dai nuclei. questo continuerà fino a quando la pressione degli elettroni diverrà abbastanza alta da arrestare la contrazione e da mantenere in equilibrio l’intera massa. A questo punto il materiale della stella  sarà talmente pressato che una quantità corrispondente ad un cucchiaio da tavolo peserà 1000 tonnellate, emetterà luce biancastra, e sarà trasformata in una nana bianca, con emissioni di luce 10000 volte minore. Sino a  valori maggiori a 1,25 volte la massa del Sole le stelle si tramuteranno in nane bianche, altrimenti il collasso non terminerà sino a che la maggior parte degli elettroni liberi non sarà compressa nei nuclei, trasformandoli in neutroni. Solo allora si fermerà la contrazione. l’oggetto che prenderà forma sarà più denso e più piccolo di una nana bianca. Avrà al massimo un diametro di una trentina di chilometri e una densità tale che il nostro solito cucchiaio di materiale peserà 10 miliardi di tonnellate. Sarà una stella di neutroni. Si è calcolato che una stella di neutroni non può avere una massa superiore a quella di 3 volte la massa del Sole. Per  le stelle con massa superiore si pensa che esse possano divenire stelle di neutroni se continuano a collassare perdendo materia sino a divenire con massa minore di 3 volte quella del Sole ( 1,99*10^30 Kg.), mentre altrimenti continuerà a perdere materia sino a richiudersi in un punto.

 

Il buco nero

tale procedimento, ha conseguenze straordinarie. La più importante è quella dell’incurvamento sempre più forte dello spazio che circonda la stella in fase di collasso. Per comprendere meglio questo aspetto, che è il punto essenziale di tutto il fenomeno, occorre ricordare come viene definito il concetto di massa secondo la teoria della relatività. Secondo Einstein la massa gravitazionale di un corpo si manifesta come una proprietà geometrica dello spazio circostante. Per rendere meglio l’idea, immaginiamo di rappresentare  il nostro spazio tridimensionale con un piano di gomma. In assenza di masse il piano sarà perfettamente liscio e piatto e le linee che ci potremo tracciare sopra,  con una riga ed una squadra, saranno rette. Supponiamo ora di appoggiare su questo piano una palla molto grande del peso di 10 Kg. Il piano di gomma s’incurverà leggermente sotto il suo peso e le righe che avevamo tracciato  appariranno seguire un percorso che sarà tanto più curvo quanto più passeranno vicine  al baricentro della palla. Le linee più lontane, cioè a partire da una certa distanza, saranno rimaste rette e, lontano dalla massa, i piano apparirà piatto come era ovunque prima che ci appoggiassimo la palla. Supponiamo ora di comprimere la palla ad una pallina minuscola ma con la massa eguale ai 10 Kg. ancora sul piano di gomma, questo si curverà entro una zona molto più ristretta, ma con una curvatura molto più accentuata, al punto tale da far assumere al piano, in quella zona, la forma di una spezie di goccia. Così secondo la relatività generale si deve trasformare lo spazio in presenza di massa.

In a), uno spazio piano bidimensionale in assenza di massa, rappresentato da un foglio di gomma; in b), lo stesso spazio, incurvato dalla presenza di una massa non troppo concentrata; in c) lo stesso spazio incurvato da una massa concentrata che lo deforma fino a formare una specie di tubo.

Questa, visto che per la relatività generale il tempo rallenta in un campo gravitazionale, avrebbe notato che l’orologio rallentava sempre di più con l’aumento dell’intensità del campo e si sarebbe addirittura fermato qualora avessimo raggiunto l’orizzonte degli eventi. D’altra parte tale osservatore esterno non avrebbe mai raggiunto tale orizzonte, visto che, come egli osservava rallentare l’orologio, anche lui viaggiava sempre più lentamente, al punto tale che per vedere il raggiungimento del punto di orizzonte, avrebbe dovuto attendere un tempo infinito.

 

Naturalmente anche gli atomi dai quali ha origine la luce appariranno, dall’osservatore esterno, girare sempre più lentamente, abbassando sempre di più la frequenza delle radiazioni emesse. Quindi la luce emessa diverrà oltre che minore anche sempre più rossa. Il diametro di un buco nero è generalmente molto piccolo, se si comprimesse la massa della Terra ( 5,98*10^24 Kg. ) come nel procedimento di generazione dei buchi neri, il suo diametro sarebbe di appena 18 mm.

Tornando ora al caso della grande massa in via di collasso, segue, che fino a quando la massa sarà distribuita in un grande volume, lo spazio risulterà poco incurvato ma, nel corso del collasso, la concentrazione sempre maggiore della massa verso un punto incurverà sempre di più lo spazio. All’interno di questo affossamento la stella continuerà a muoversi sempre più rapidamente, mentre la pressione, il campo gravitazionale e la densità tendo all’infinito, la materia tende a raggiungere una singolarità, cioè un punto al di fuori del nostro spazio-tempo. Utilizzando l’esempio della sfera di 10 Kg ipotizzeremmo che essa diventi sempre più piccola allungando sempre più la ‘goccia’, fino a trasformarla in imbuto. Tale trasformazione corrisponde a scavare sempre più nello spazio circostante alla stella, rendendo le pareti dell’ ‘imbuto’ sempre più pendente sino a renderle parallele tra loro formando così un’apertura dalla quale si può uscire dal nostro spazio. Inoltre tale trasformazione significa che in pratica non si ha più un fondo al quale si possa risalire. Ossia la stella che collassa senza più arrestarsi viene a provocare una deformazione tale nello spazio intorno a sé, che qualsiasi oggetto venisse a cadere nella zona dell’imbuto non potrebbe più risalire verso il piano superiore. Man mano che la stella continua a collassare lo spazio-tempo nelle sue vicinanze si incurverà sempre più finche non si riuscirà ad inviare dei segnali ( ad esempio luminosi) solo in orizzontale. Ma si sa che il collasso è inarrestabile e, quando continuerà sin oltre questo punto, il campo gravitazionale diverrà talmente intenso da trattenere anche il raggio inviato verticalmente, perché la velocità di fuga, cioè quel valore della velocità che il raggio dovrebbe superare per sfuggire alla stella , sarà divenuta superiore a quella della luce. Da questo momento la luce non potrà più uscire dalla stella. Qui potremmo dire di aver raggiunto l’orizzonte degli eventi. ora non si potrà più comunicare con l’universo esterno e la stella sarà scomparsa dall’universo. al posto di questa sarà rimasta, nello spazio, una zona del diametro di qualche chilometro che, che non potendo inviare luce, apparirà nera. Qui avviene la trasformazione in buco nero. Tutto ciò accade in un tempo breve, per chi osserva dall’interno. La cosa sarebbe andata diversamente per una persona che osserva l’evento dall’esterno.

Al tempo attuale si ritiene che potrebbero almeno quattro tipi di buchi neri:

  •   buchi neri di Schwarzschild - è il classico tipo di buco nero, non ruota ed è caratterizzato solo dalla massa.

  •   buchi neri di Reissner-Nordstrom - dotato di massa e carica elettrica, ma non ruota.

  •   buchi neri di Kerr - dotato di massa e rotazione, ma non di carica elettrica.

  •   buchi neri di Kerr-Newmann - caratterizzato dalla massa, dalla rotazione e dalla carica elettrica

Sentieri per l’universo

Ammettendo l’esistenza dei buchi neri, altri fenomeni già noti e non ancora interpretati vengono visti sotto una nuova luce e alcune costruzioni teoriche prospettate nell’ultima decina d’anni possono essere prese sotto seria considerazione.

 

 

Masse di buchi neri

 

Si ritiene possibile che i buchi neri esistenti possano avere anche masse maggiori di quelle di 20, 30 volte la massa del Sole, ma anche di massa inferiore a quella di 3 volte la massa del Sole. Infatti si confida nell’esistenza dei buchi neri intergalattici supermassicci  e che questi naturalmente non possano essere maggiori delle galassie conosciute, altrimenti esse mostrerebbero effetti di distorsione mareale che in realtà non sono mai stati osservati. Mentre invece per l’esistenza dei minibuchi, non si concepisce ancora nessun meccanismo col quale si sarebbero potuti formare, ma è concepibile che questo possa essersi verificato da irregolarità presenti nei primissimi stadi di formazione dell’Universo.

 

Buchi bianchi

 

Parlando di buchi neri, eravamo partiti dalla condizione che in una stella venisse a mancare improvvisamente l’equilibrio, e in cui gli stati più esterni cominciavano a cadere verso il centro, accelerando sempre più, fino a provocare una singolarità nello spazio-tempo, che portava via dall’universo tutta la materia dei dintorni, ingoiandola. Ma vi è anche la possibilità che esistano processi del tutto inversi a questi, in cui in qualche punto dello spazio-tempo vi potrebbero essere zone dalle quali la materia non è ingoiata, ma espulsa, corpi che non collassano, ma esplodono. Insomma, buchi neri al contrario. Se cerchiamo intorno alla ricerca di questo nuovo genere scopriamo che almeno un esempio potrebbe esiste; e che tale esempio altro non è che il nostro universo. Esso è scaturito da un unico punto, all’epoca del Big-Bang generando il nostro spazio ed il nostro tempo. Il processo a ritroso che abbiamo immaginato è simile a quello del collasso di una stella in un buco nero. Poiché anche qui giungiamo ad una singolarità al di là della quale non possiamo andare. C’è però una differenza fondamentale con quanto si osserva realmente: nel caso del buco nero la singolarità è un punto in arrivo, mentre nell’universo è un punto in partenza; ovvero, esso può essere considerato come un immenso buco nero al contrario. Sulla base di questo concetto, Novikov sviluppo una teoria che sosteneva che alcuni ‘frammenti’ della singolarità iniziale furono espulsi senza partecipare al Big-Bang. Questi centri nei quali si svolgerebbe un processo esattamente opposto dei buchi neri, sarebbero i buchi bianchi. I quali non possono essere altro che i nuclei delle galassie ellittiche giganti, quali la galassie di Seyfer e i quasar.

 

 

Quasar sono tra le più misteriose ardite interpretazioni conosciute negli ultimi anni. La loro scoperta risale al 1962, e ci si rese subito conto di aver scoperto una classe di oggetti con caratteristiche incredibili. Oggi se ne conoscono 500. La caratteristica scoperta prima consiste in un’emissione radio intensissima e fortemente concentrata. Le ricerche dimostrarono che tali radiazioni non erano provenienti da corpi celesti, e che esse analizzate allo spettro mostrarono un fondo continuo e poche righe in emissione che erano fortemente spostate verso il rosso. L’ipotesi più reale di tale caratteristica è che questo spostamento verso il rosso fosse della stessa natura di quello osservato nelle galassie. Tanta energia liberata non solo alle frequenze luminose, ma anche a quelle radio, si sprigiona in un volume relativamente molto piccolo. Infatti, anche osservati con i più potenti telescopi, i quasar si mostrano di aspetto stellare. In pratica si osserva che contengono masse pari a decine di milioni di volte la massa del Sole in uno spazio non superiore a qualche migliaio di anni luce. Nel 1963 si scopri che il quasar 3C 273 in soli settant’anni aveva variato sensibilmente lo splendore luminoso su tutta la sua superficie. Ciò significò variazioni in breve periodo di tempo. Ovvero che le dimensioni del quasar sono molto ridotte poiché altrimenti le variazioni avrebbero dovuto verificarsi e vedersi solamente a partire dalla parte più vicina a noi e successivamente in quella più lontana. Di conseguenza, perché si possa osservare la variazione di colpo ed in una sola volta si ritiene il quasar molto piccolo. Inoltre anche l’emissione radio è variabile. Almeno 1/3 dei quasar presenta variazioni luminose irregolari e generalmente di modeste entità, resta tuttavia certo che il fenomeno è reale e può essere tale solo con oggetti relativamente molto piccoli: con diametro di poche centinaia di anni luce.  Riassumendo, un quasar è un oggetto di aspetto stellare che può apparire o no radioemittente ( infatti Sandage scoprì, nel 1965,  i QSG che si dimostrarono in fine quasar senza emissioni radio). Presenta uno spettro continuo, qualche volta solcato da righe in assorbimento e, soprattutto,  uno spettro di righe in emissione, fortemente spostato verso il rosso. Esso non è un aggregato di stelle poiché il suo spettro non appare, come per quello delle galassie, ma si presenta piuttosto piatto. Un quasar dunque non può essere un aggregato di stelle,  sia pure ridotto all’apparenza di un punto per l’immensità delle distanze. Infine la variabilità dello splendore ne rivela la piccolezza, pur senza smentire la loro natura di oggetti extragalattici dato che anche i nuclei di galassie di Seyfert possono essere variabili.

 

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Ciò dimostra che ci possano essere ‘buchi’ che non ingoiano materia, ma che la espellono. I teorici dicono inoltre che tempo e spazio si scambiano all’interno di un buco nero, in modo che la direzione in cui cresce il tempo proprio di un ipotetico osservatore all’interno è quella in cui diminuisce il valore della coordinata spaziale , rappresentata dal raggio. Tale osservatore non può tornare a un valore più grande del raggio, risalendo l’imbuto, così come non può risalire nel tempo. Il buco nero ci appare così come la parte più impressionante materializzazione dell’irreparabilità.

 
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Nel caso del buco nero di Schwarzschild essi portano in una singolarità dello spazio tempo, o più semplicemente in nessun posto particolare. Nel caso di quelli di Kerr, dotati di moto rotatorio, ecc. Tornando quindi al collasso gravitazionale e immaginando che la stella si stringa sempre in dimensioni più piccole. Conseguentemente il piano con cui abbiamo disegnato il nostro universo si affonda sempre più e la curvatura  dello spazio si fa sempre più grave, man mano che il collasso aumenta e la massa si concentra in un volume via via più piccolo. Einstein e Rosen, però trovarono che, una volta superato l’orizzonte degli eventi la curvatura diveniva meno grave e si poteva emergere in un secondo universo  piatto come il primo.

Ponte  di Einstein - Rosen , o ‘ buco verme ’ che collega due universi  piatti.

La geometria dello spazio intorno al buco nero appare quindi molto semplice: una metà collega il nostro universo all’orizzonte degli eventi, e l’altra metà continua in un altro universo, identico al primo. Esso potrebbe addirittura collegare due punti dello stesso universo.

Collegamento  tra due punti dello stesso universo uniti da un ponte di Einstein - Rosen.

Altro possibile collegamento tra due punti nello spazio-tempo dello stesso universo attraverso un ponte di Einstein-Rosen. 

 

Naturalmente se una delle parti del ponte di Einstein-Rosen fosse un buco nero, l’altra, quella che esce in un altro universo o in un altro punto dello spazio tempo del nostro, dovrebbe essere un bruco bianco, cioè un bruco dal quale zampilla la materia ingoiata dal buco nero

Viaggi nello spazio tempo

 

La straordinaria scoperta che si può sbucare in un altro universo si può studiare più profondamente attraverso la soluzione delle equazioni del campo trovate da R. P. Kerr.


Indichiamo lo spazio sull’asse orizzontale e il tempo sull’asse verticale, con la sola condizione che i raggi luminosi viaggino  secondo una retta di 45°. Da questo grafico notiamo che ci sono certe direzioni nelle quali ci si può muovere e certe in cui non si può.  Per esempio il viaggio OA è possibile perché avviene a velocità inferiore a quella della luce, mentre il viaggio da OC non lo è perché supera il limite OB corrispondente a un viaggio compiuto esattamente alla velocità della luce. 

Attraverso il diagramma di Penrose-Carter Kerr esprime le sue soluzioni. Occorre dire innanzitutto che le sue soluzioni sono rivolte al buco nero ruotante entro il quale riconobbe due orizzonti e non uno. I due orizzonti degli eventi sono rappresentati dalle due rette perpendicolari che si incrociano al centro della figura e da tutte le altre parallele ad esse. Il diagramma mostra che tutte queste rette intersecandosi vengono a formare tre tipi di regioni. Le regioni del primo tipi (I) sono tutte le aree tra gli universi esterni ( ad esempio il nostro ) e il primo orizzonte degli eventi; le regioni del secondo tipo (II) sono tutte le aree tra il primo e il secondo orizzonte degli eventi; infine, le regioni del terzo tipo (III) sono le aree tra il secondo orizzonte degli eventi e la singolarità, che nella figura è stata rappresentata a tratto ondulato.

  • La prima cosa che colpisce è la presenza di una varietà di universi differenti, che nell’esempio sono solamente quattro, mentre si potrebbe rappresentarne infiniti. Il buco nero ruotante può quindi essere concepito come un qualcosa che unisce un numero infinito di universi che altrimenti sarebbero separati.

  •  La seconda caratteristica è la singolarità che appare bidimensionale e parallela all’asse dei tempi.

Considerando un viaggiatore che voglia intraprendere un viaggio verso l’ignoto, non riuscirà mai, partendo da 0 fare un viaggio del tipo D, poiché non potrà mai muoversi a velocità superiore a quella della luce. Gli saranno consentiti tutti i viaggi corrispondenti alle direzioni comprese tra quelle dell’asse dei tempi  e la direzione 0L,  che forma con quest’asse un angolo di 45°. Nell’ambito di queste possibilità il viaggiatore si accingerà a esplorare un buco nero ruotante e tenterà col percorso A che lo porterà in un altro punto, ma sempre nel suo stesso universo, egli non arriverà molto vicino al buco nero. Allora ritenterà col percorso B, col quale si dirigerà direttamente nel buco nero. Passerà attraverso il primo orizzonte degli eventi e successivamente attraverso il secondo ma disgraziatamente ha commesso l’errore di aver puntato direttamente sulla singolarità e da questa sarà stritolato. Tale fine è d’altronde evitabile, visto che per le equazioni di Kerr sarebbe possibile attraversare l’orizzonte degli eventi senza per questo venire condannati ad entrare in collisione con la singolarità. Così un altro viaggiatore più accorto sceglierà di certo il percorso C e porterà a conclusione il suo viaggio regolando a dovere la velocità, ovvero la spinta del suo razzo. A questo punto il viaggio è terminato, ma potrebbe continuare portando il viaggiatore in un altro universo. Non è detto che il tutto sia infinito, poiché la striscia dei ponti tra universi potrebbe non essere aperta come ci appare  sul foglio, ma potrebbe essere chiusa e potrebbe esserlo a cilindro riportando il viaggiatore dopo innumerevoli passaggi, di nuovo a casa.  Egli potrebbe riapparire poco dopo la sua partenza  in un posto lontanissimo dell’universo di partenza, oppure nello stesso posto, ma in tempo diverso.

 

 

PERÒ ...     dopo tutto ciò, ancora non abbiamo nessuna prova definitiva della loro esistenza. D’altronde essi non sono stati scoperti, ma inventati, nel senso che sono il frutto della convergenza di tante evidenze osservate verso un’unica spiegazione. Inoltre  nella primavera del 1975, Y. Avni e Bahacall pubblicarono una ricerca che fece vacillare notevolmente la convinzione dell’esistenza dei buchi neri. In definitiva, finché non avremo solo prove favorevoli all’esistenza dei buchi neri, e non diventerà sempre più difficile per non dire impossibile visualizzare ipotesi alternative, non potremo sapere con certezza se ora abbiamo intravisto una nuova realtà misteriosa  che potrebbe aprire nuovi orizzonti alla conoscenza dell’universo o se abbiamo solo fatto delle ipotesi fantascientifiche.

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